Il 9 giugno scorso è stata presentata a Roma la prima class action italiana contro il gioco d’azzardo promossa da Codacons. Alla base dell’iniziativa la considerazione che il gioco d’azzardo rappresenta un’attività pericolosa e pertanto chi la esercita deve dimostrare di avere adottato, ex art. 2050 c.c., tutte le misure necessarie ad evitare atteggiamenti problematici ossia la dipendenza da gioco d’azzardo.
“Uno dei tanti paradossi italiani è costituito dal Decreto Balduzzi, con cui si era stabilita una progressiva ricollocazione delle sale da gioco in modo da tenerle alla dovuta distanza dai luoghi c.d. sensibili (scuole, chiese, centri socio ricreativi ecc.) con l’obiettivo di scongiurare continui ulteriori stimoli al gioco. Tale norma, tuttavia, è rimasta inattuata, senza contare l’impossibilità di intervento sul gioco online, offerto 24 ore su 24 senza limiti spaziali e temporali”, ha spiegato Codacons. Considerando i gravissimi danni derivanti dal gioco d’azzardo nel nostro paese, l’associazione ha deciso di promuovere la prima class italiana volta a favorire i giocatori che hanno sviluppato forme di dipendenza e delle loro famiglie e finalizzata a far ottenere loro il risarcimento dei danni morali e materiali subiti. L’azione sarà intentata sia contro lo Stato, considerato l’immobilismo sul tema dimostrato fino a questo momento, sia contro i concessionari del settore giochi.
In tale contesto Codacons ha reso nota la recente decisione della Corte Costituzionale risalente allo scorso 11 maggio la quale conferisce agli enti locali il potere di intervento autonomo sulle sale slot, indipendentemente dalle norme nazionali. Esprimendosi sulla legittimità costituzionale della legge della Regione Puglia 13 dicembre 2013, n. 43, recante “Contrasto alla diffusione del gioco d’azzardo patologico (GAP)”, nella parte in cui vieta il rilascio dell’autorizzazione all’esercizio di sale da gioco e all’installazione di apparecchi da gioco nel caso di ubicazione a distanza inferiore a cinquecento metri pedonali dai luoghi cosiddetti “sensibili”, la Consulta ha ritenuto pienamente legittima la legge regionale, sia perché tesa a garantire la sicurezza e l’ordine pubblico, sia perché le norme nazionali in materia sono rimaste ad oggi inattuate.
A tal proposito i giudici della Consulta (Giorgio LATTANZI, Rel. Franco MODUGNO), si sono così espressi: “La pianificazione prefigurata dalla disposizione statale invocata come norma interposta non è, peraltro, mai avvenuta, non essendo stato emanato, malgrado il tempo trascorso, il decreto interministeriale che doveva definirne i criteri. Il che rende l’intero meccanismo inoperante, non potendosi ritenere che la mancanza di detto decreto paralizzi sine die la competenza legislativa regionale […]Ma anche il procedimento previsto dal citato art. 1, comma 936, della legge n. 208 del 2015 non si è ad oggi ancora perfezionato […] Il legislatore regionale è intervenuto per evitare la prossimità delle sale e degli apparecchi da gioco a determinati luoghi, ove si radunano soggetti ritenuti psicologicamente più esposti all’illusione di conseguire vincite e facili guadagni e, quindi, al rischio di cadere vittime della “dipendenza da gioco d’azzardo”: fenomeno da tempo riconosciuto come vero e proprio disturbo del comportamento, assimilabile, per certi versi, alla tossicodipendenza e all’alcolismo. Alla luce delle considerazioni che precedono, le questioni vanno dichiarate, dunque, entrambe non fondate”.