Pier Paolo Baretta, sottosegretario al MEF, nel corso della tavola rotonda “Il gioco buono: un alleato contro l’illegalità”, ha parlato e molto di una questione spinosa, quella del gioco d’azzardo legale in Italia.
Un tema contraddittorio, per Baretta, dal momento che la filiera del gioco chiede a gran voce una riforma, necessaria per uniformare la normativa. “Credo che questa condizione di approccio emotivo ha portato a due tipi di generalizzazioni: da un lato l’idea che concentrandosi sulla parte patologica il gioco è stato concepito come negativo, che sia male in sé, e che se lo Stato non lo controllasse, il gioco sparirebbe, dall’altro c’è stata per molto tempo l’idea che, in quanto esiste, è inutile porsi il problema sul gioco, che dunque va controllato, ma è una realtà che se non è affrontata dallo Stato diventa illegale, quindi prevaleva un’idea liberista del settore. Questi due estremi hanno faticosamente trovato punti di mediazione, in altri casi il conflitto ha portato a non trovare una quadratura. Un esempio clamoroso è stata la posizione sulle distanze – ha evidenziato Baretta – interpretata da ciascun ente locale in maniera totalmente differente e senza alcuna disponibilità a trovare un percorso condiviso”.
Da qui l’appello ad uno sforzo: quello, cioè, di trovare una strategia condivisa all’insegna del dibattito e del confronto tra tutti gli attori di un processo che merita attenzione punto dopo punto.
La prospettiva di Baretta guarda al 2021: è questo l’anno in cui si è fissata una immaginaria deadline per uniformare, riformare, riassestare l’intero sistema, atto quantomai necessario per rivedere la normativa, l’organizzazione territoriale e il futuro dell’industria. Partendo da un presupposto: il gioco dovrà essere considerato una condizione normale della vita quotidiana.
Si palesano così tre diversi tipi di necessità: il primo, quello di combattere l’illegale, un tema sempre più spinoso per tutti. Il secondo punto, invece, investirebbe le patologie, da identificare una volta per tutte con numeri, criteri, strumenti scientifici adeguati. Infine guerra aperta a prodotti e sistemi di diffusione che alimentano la compulsività.
Nell’analisi di Baretta vengono ripercorsi anche gli ultimi anni del gioco: dapprima ci si è focalizzati sulle slot, considerate ideali per la diffusione della compulsività. Da qui la riduzione del numero di slot sul territorio nazionale. E poi la pubblicità, messa al bando dal Decreto Dignità. Da qui una compromissione per il gioco, che si è visto circondare da un’ombra di oscurità. Ora per risollevare le sorti della filiera ci sarà, secondo Baretta, da lavorare sul fronte reputazionale e sul punto del controllo, che dovrà essere garanzia di trasparenza e coerenza, indipendentemente dai concessionari. La speranza, sottolinea Baretta, è che si vada verso una liberalizzazione dell’intero settore: “Ritengo che il sistema concessorio sia un punto di mediazione che consente allo stato di governare i processi, avendo un controllo efficace su tutto il sistema” – ha detto.
Sistemati questi due punti, si dovrà sfruttare tutto pur di raggiungere gli obiettivi. In primis partendo dalla tecnologia, un’arma in più negli ultimi anni. E poi dalle basi certe, come ad esempio quelle gettate nella conferenza Stato-Regioni del 2017. Una agenda fitta di impegni e scadenze per il gioco, da avviare il prima possibile al di là della divergenza di opinioni. Ne va del futuro del settore, certamente, ma anche delle finanze dello Stato.