Secondo vice presidente del gruppo PD, Franco Mirabelli, la proibizione della pubblicità del gioco rappresenta un elemento significativo e valido, ma critica il sistema sanzionatorio, previsto dal decreto, ritenuto invece troppo ambiguo.
Esprimendo il suo accordo alla norma che stabilisce il divieto di pubblicità, Mirabelli sostiene che questa completa il percorso iniziato con la Legge di Bilancio del 2015, attraverso la quale sono stati ridotti significativamente gli spazi televisivi arrivando a proibire gli spot su ogni rete Rai e che ha portato alla riduzione del 30% del numero di slot machines (Awp) nei bar e nelle tabaccherie, imponendo criteri e regole più stringenti.
“Oggi proibire la pubblicità è un atto necessario a fronte della proliferazione assolutamente esagerata che c’è stata, soprattutto in concomitanza con gli eventi sportivi, dei messaggi promozionali che incentivano le scommesse”, ha spiegato il vicepresidente del gruppo PD.
Mirabelli punta però il dito contro il sistema sanzionatorio previsto dal testo del Decreto Dignità (multe di un valore pari al 5% della sponsorizzazione o della pubblicità e, comunque, non inferiori ai 50mila euro a carico del committente, del proprietario del mezzo di comunicazione o del sito interessato) sostenendo che presenta una formulazione ambigua che non chiarisce se la sanzione amministrativa deve essere pagata in solido dai soggetti colpevoli dell’infrazione o meno. “E, come è evidente, non è la stessa cosa pagare 50.000 euro in due o per ogni soggetto coinvolto. Inoltre, visto il giro di affari molto consistente di alcuni settori, c’è il rischio che il 5% in più o i 50.000 euro possano, di fatto, diventare una sorta di tariffa che si può anche pagare. Per questo penso che sarebbe meglio, se si vuole davvero escludere la pubblicità, sanzionare chi viola la proibizione, oltre che con la multa, con la perdita per il committente della concessione e presenteremo un emendamento in questo senso già alla Camera dei Deputati”.
Riferendosi alla riduzione dell’offerta di azzardo, il vicepresidente sostiene che il Decreto Dignità, da questo punto di vista, appare meno efficace: “nel 2015 intervenimmo per ridurre del 30% il numero delle slot machines e per garantire un controllo più efficace a tutela dei giocatori con l’accesso remoto delle Awp. Su questa strada bisognerebbe continuare, avendo come riferimento l’accordo firmato tra Stato e Regioni alla fine della scorsa Legislatura che dimezzava le sale gioco, riduceva ulteriormente e drasticamente le slot nei locali non dedicati al gioco e raccoglieva tante delle norme prodotte con il contributo degli Enti Locali e dei soggetti animatori della campagna Mettiamoci In Gioco”.
Allo stesso tempo avverte che qualunque intervento volto a ridurre domanda e offerta di azzardo deve essere fatto considerando che lo Stato incasserà di meno, e perciò, la scelta di finanziare le perdite derivanti dalla cancellazione della pubblicità aumentando l’imposizione sulle slot, non sembra andare in questa direzione, piuttosto sembra considerare intangibili le entrate nel settore.
“Si continua a non prevedere una diminuzione delle entrate conseguente alla minore domanda e alla minore offerta di azzardo e, senza questo salto di qualità e questa consapevolezza, si rischia di non andare lontano”, ha concluso.